Nel diabete, l’aumento persistente dei livelli di zucchero nel sangue può danneggiare i piccoli vasi sanguigni nei reni, compromettendo la loro funzione nel filtrare le scorie dal sangue. Questo può portare gradualmente a un peggioramento della funzione renale nel tempo, tanto che la malattia renale cronica è una conseguenza comune e grave del diabete.

Lo studio pubblicato su “The Lancet Regional Health Europe” coordinato dal prof. Gian Paolo Fadini, Principal investigator del Laboratorio di Diabetologia Sperimentale dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM), promosso dalla Società Italiana di Diabetologia e condotto su un ampio campione di pazienti afferenti a 50 centri diabetologici italiani, ha valutato l’efficacia di Dapagliflozin, un inibitore del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i), sulla funzione renale dei pazienti affetti da diabete di tipo 2 (T2D) valutati in un contesto clinico routinario.

I risultati hanno mostrato che l’inizio del trattamento con Dapagliflozin ha portato a un miglioramento significativo della funzione renale rispetto all’inizio di altri farmaci. In particolare, è stato osservato un rallentamento del declino della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) nel gruppo trattato con Dapagliflozin rispetto al gruppo di controllo. Questo effetto positivo è stato mantenuto nel tempo durante un periodo di osservazione medio di 2,5 anni, che in alcuni pazienti arrivava anche a 5 anni.

I risultati di questo studio confermano l’importanza di una terapia basata su SGLT-2 inibitore, in particolare Dapagliflozin, nel migliorare la funzione renale nei pazienti con diabete di tipo 2, soprattutto in coloro che presentano un basso rischio renale iniziale” affermano i ricercatori.

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Fonte: Università di Padova

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