Un team internazionale guidato da ricercatori dell’Università di Leicester, dell’Università di Cambridge e del Baker Heart and Diabetes Institute in Australia ha utilizzato i dati della banca dati britannica per sviluppare e testare un potente sistema di punteggio, chiamato punteggio di rischio genomico (GRS) che può identificare le persone che sono a rischio di sviluppare prematuramente malattie coronariche a causa della loro genetica. Il team ha analizzato i dati genomici di quasi mezzo milione di persone dal progetto di ricerca del Biobank britannico di età compresa tra 40-69 anni. Questo ha incluso oltre 22.000 persone che hanno avuto malattia coronarica.
La sperimentazione ha dimostrato che i partecipanti con un punteggio Grs superiore avevano probabilità fino a quattro volte maggiori di sviluppare una malattia coronarica rispetto a quelli con un punteggio inferiore. Questi risultati aiutano a spiegare perché le persone con stili di vita sani e senza fattori di rischio convenzionali possono ancora essere colpiti da un attacco cardiaco devastante. Per questo l’impiego del test potrebbe aiutare a individuare i soggetti che pur non presentando i fattori di rischio tradizionali (come il colesterolo alto), corrono il pericolo di essere colpiti da un infarto.
Nello studio sono stati analizzati campioni di sangue, gli scienziati affermano però che Grs potrebbe essere eseguito efficacemente anche sulla saliva.
Leggi abstract dell’articolo:
- Genomic Risk Prediction of Coronary Artery Disease in 480,000 Adults
Implications for Primary Prevention
Michael Inouye, Gad Abraham, Christopher P. Nelson, Angela M. Wood, Michael J. Sweeting, Frank Dudbridge, Florence Y. Lai, Stephen Kaptoge, Marta Brozynska, Tingting Wang, Shu Ye, Thomas R. Webb, Martin K. Rutter, Ioanna Tzoulaki, Riyaz S. Patel, Ruth J.F. Loos, Bernard Keavney, Harry Hemingway, John Thompson, Hugh Watkins, Panos Deloukas, Emanuele Di Angelantonio, Adam S. Butterworth, John Danesh, Nilesh J. Samani and for the UK Biobank CardioMetabolic Consortium CHD Working Group
Fonti: University of Leicester – Baker Heart and Diabetes Institute