L’immunità innata, la prima linea di difesa del nostro organismo, risolve il 90% dei problemi causati dal contatto con batteri e virus. Precede e si accompagna all’immunità adattativa, la linea di difesa più specifica, degli anticorpi e delle cellule T, che può essere potenziata con i vaccini. Un team di ricercatori di Humanitas si è focalizzato sullo studio dell’interazione tra COVID-19 e immunità innata.
“Anni fa abbiamo individuato alcuni geni che fanno parte di una famiglia di antenati degli anticorpi. Concentrandoci sull’interazione tra questi e SARS-CoV-2, abbiamo scoperto che una di tali molecole dell’immunità innata, chiamata Mannose Binding Lectin (MBL), si lega alla proteina Spike del virus e lo blocca” spiega il professor Alberto Mantovani direttore scientifico di Humanitas e professore emerito Humanitas University.
Lo studio è proseguito poi con l’analisi genetica dei dati provenienti dai pazienti dell’ospedale, incrociati con quelli delle banche dati di tutto il mondo, condotta dalla professoressa Rosanna Asselta di Humanitas University.
“È risultato che variazioni genetiche di MBL sono associate a gravità di malattia da COVID-19” approfondisce la professoressa Cecilia Garlanda.
“Ora si tratterà di valutare se questa molecola può fungere da biomarcatore per orientare le scelte dei medici di fronte a manifestazioni così diverse e mutevoli della malattia”.
“MBL dimostra un’importante attività antivirale che potrebbe essere un’arma in più contro le varianti in circolazione, inclusa Omicron” – sottolinea .
Leggi il full text dell’articolo:
- Recognition and inhibition of SARS-CoV-2 by humoral innate immunity pattern recognition molecules.
Stravalaci, M., Pagani, I., Paraboschi, E.M. et al.
Nat Immunol (2022). https://doi.org/10.1038/s41590-021-01114-w
Fonte: Humanitas University