Il carcinoma della prostata è il tipo di tumore più frequentemente diagnosticato nella popolazione maschile, colpisce circa 190 persone ogni 100.000 ogni anno e la sua incidenza è in crescita. Nella maggior parte dei casi la diagnosi arriva dopo i 55 anni.
Si tratta di un tumore ad evoluzione estremamente lenta, la zona della ghiandola in cui avviene la trasformazione è quella più esterna pertanto per molto tempo la patologia resta silente (asintomatica).

Diagnosi
Nelle prime fasi della malattia il sospetto può nascere per un controllo routinario: esplorazione rettale, o per valori alterati del PSA. Quando c’è un sospetto di tumore della prostata la diagnosi viene formulata grazie all’esecuzione di una biopsia prostatica: prelievo ed analisi di frammenti di tessuto prostatico. Una volta definita la diagnosi istologica il paziente viene sottoposto ad esami di diagnostica per immagini per valutare l’eventuale disseminazione della patologia.

Terapia
La terapia di un tumore prostatico varia in base alle caratteristiche cliniche ed anagrafiche del paziente, nonché allo stadio della malattia.
Nei pazienti anziani con tumori di piccoli dimensioni si tende a mantenere un atteggiamento conservativo senza terapia ma con visite e controlli ravvicinati.
La terapia attiva consiste nella rimozione chirurgica della prostata (prostatectomia totale) seguita dalla radioterapia ed ormonoterapia finalizzate a distruggere le cellule tumorali ed evitare una disseminazione della malattia.

Il PSA (Antigene Prostatico Specifico)
Negli ultimi 30 anni il PSA è stato investito di una grossa responsabilità in quanto è stato considerato uno strumento di screening del tumore della prostata. Attualmente è stato ridimensionato il valore di questo antigene in quanto la sua concentrazione nel sangue non si modifica solamente in caso di carcinoma della prostata ma in seguito a molte altre condizioni quali: prostatiti, dopo una esplorazione rettale o come conseguenza della ipertrofia prostatica benigna.

  • In termini più precisi il PSA dà molti FALSI POSITIVI: il risultato del dosaggio è elevato mentre la biopsia prostatica da’ risultato negativo. Questa condizione mette il paziente in una condizione psicologica di apprensione e paura che lo costringe spesso ad ulteriori esami e consulti specialistici che hanno il solo scopo di eliminare il timore innescato dalla positività del PSA.
  • Il PSA ha un rischio elevato di dare un risultato FALSO NEGATIVO: il valore dell’antigene è negativo ma se si esegue la biopsia della prostata il risultato sarebbe positivo (presenza di cellule tumorali), si può rischiare di non fare diagnosi affidandosi al solo suo valore negativo.

Il PSA non deve essere considerato come un sostituto valido dell’esame clinico (esplorazione rettale) in quanto come spiegato non è un esame che fornisce informazioni complete circa lo stato di salute.
Quando il paziente avverte disturbi della sfera urinaria deve rivolgersi al medico che deciderà il percorso diagnostico appropriato alla situazione. Effettuare controlli routinari del PSA in pazienti sotto i 40 anni è sconsigliato dalle linee guida, mentre nelle fasce di età superiori in assenza di sintomi è indicato possibilmente con cadenza biennale in coloro che hanno familiarità di tumore alla prostata.

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